recensione di Mattia
Sangiuliano
“La guerra non era
finita” sottotitolato “i partigiani della Volante Rossa”
(2014), è un libro di Francesco Trento, edito da Laterza per la
collana i Robinson (p.200, 18€).
Una cinquantina di
ragazzi nel dopoguerra si uniscono, aggregano le loro forze
nell'intento di creare qualcosa di nuovo continuando l'esperienza
della Resistenza. Sono giovani appena ventenni i ragazzi di cui
Francesco Trento narra le gesta, in una Milano e in un'Italia teatro
di un vero e proprio scontro armato, dopo la Liberazione, ma ancora
lontana da una necessaria pacificazione. Trento non lascia campo a
equivoci di fondo, il fascismo è ancora in agguato e compito dei
giovani della Volante Rossa è quello di stanarlo e dargli battaglia.
Il libro segue la vicenda
storica della volante milanese, capitolo per capitolo, senza
dimenticare il contesto in cui i protagonisti si muovono, in un
atlante storico in cui i nuovi partigiani prendono le mosse, tra
legalità e illegalità, con incarichi ufficiali e una seconda
faccia, che procede dando la caccia ai fascisti, graziati, là dove
la giustizia della nuova Repubblicana non è riuscita ad arrivare, o
dove ha finito col concorrere in una collusione di intenti,
procedendo nell'incarcerazione di ex partigiani e nella liberazione
di volontari fascisti, militanti nella Repubblica di Salò.
Il primo capitolo parla
chiaro già dal titolo, quello in cui gli italiani si muovono è “Un
dopoguerra armato”:
«Il 25 aprile del 1945,
l'Italia è finalmente libera. Ma la guerra, per molti, non è ancora
finita. Vendetta e giustizia sono divenuti sinonimi per un popolo che
ha vissuto negli stenti e nel terrore, un popolo torturato e
sfruttato che ora rinasce e odia, e crede sia giunto il momento di
saldare i conti.»
“Non è ancora tempo di
pace”, e la base è agitata, invoca il cambiamento dello stesso
moto di liberazione: “trasformare l'insurrezione in atto
rivoluzionario”, Togliatti ha il compito di mediare, smorzare i
toni e le iniziative, avviare le forze verso la legalità in seno
alle nuove istituzioni repubblicane, ma non è facile, e il compito
risulta essere ben presto ingrato. L'Italia versa in una condizione
disastrata, “la disoccupazione è a livelli di guardia, e arriverà
a toccare addirittura il 40% delle forze lavorative”. I
borsaneristi allungano le loro mani sui beni alimentari ancora
disponibili e sui rifornimenti di generi di prima necessità, fra cui
proprio le derrate alimentari, mentre l'abbondanza sulle vetrine dei
negozi minaccia di far scoppiare una vera e propria rivolta.
Il conflitto sociale è
un'altra dura realtà che si scontra con un'Italia finalmente libera
dal regime, dalla guerra, ma stremata e dolorante, affamata di pane e
di vendetta.
Incominciano a tornare
gli italiani dai campi di concentramento, andando ad alimentare
l'odio nei confronti del nazismo e del regime nazista nonché contro
gli eccidi perpetrati nella tragica parentesi della Repubblica di
Salò.
Il problema della
legalità va a toccare in primo luogo proprio i militanti nelle
formazioni partigiane che, con la liberazione, e l'ordine di
riconsegnare le armi, si sentono vittime di una spoliazione del loro
ruolo nel periodo del conflitto. Molti partigiani, non a caso, temono
il ritorno del fascismo, per questo, trasgredendo all'ordine delle
autorità, riconsegnano vecchi cimeli d'anteguerra, provvedendo
invece a nascondere le armi più nuove e ancora funzionanti.
C'è chi rigettata
l'ottica della “guerra civile” che molti storici assumono, è il
caso di Nuto Revelli (scrittore, ufficiale e partigiano): per i
resistenti, gli occupanti e i sostenitori repubblichini, altro non
erano che stranieri invasori.
In questo contesto, per
molti ragazzi, partigiani e figli di partigiani, o di semplici
civili, vendicarsi “lavare nel sangue i torti subiti”, diviene
l'unico scopo che li spinge a continuare la lotta.
Come questi ragazzi
Giulio Paggio, nome di battaglia “tenente Alvaro”, appena
diciottenne giura vendetta di fronte alla strage di piazzale Loreto
del 10 agosto 1944, decisa dal capitano nazista Theodor Saevecke in
seguito al bando emanato da Kesselring nel giugno dello stesso anno.
La strage, fucilazione di quindici partigiani italiani, è il
suggello della ferocia dell'occupazione nazifascista di cui lo stesso
giovane partigiano Giulio è testimone, e che lo spingerà a cercare
vendetta. Il “tenente Alvaro” si contraddistinguerà già nel
1944 in pericolose missioni contro gli occupanti, ne è un esempio
l'assalto al commissariato di polizia di piazza Piola, o l'attacco al
gruppo rionale fascista alla Casa del Fascio di via Conte Rosso.
Nel 1945 la crisi e il
conflitto sociale erano alle stelle e sempre più stridenti, da più
parti arriva la richiesta di mantenere una certa organizzazione in
seno allo stesso Pci, organizzare insomma “organismi militari
clandestini”, assicurarsi contro un fascismo sempre in agguato e
l'eventualità di sostenere le masse dei lavoratori. A Milano – ex
roccaforte bordighiana – molti gruppi operai e di ex partigiani
rimangono in attesa. “Il più importante di questi gruppi è quello
fondato da Giulio Paggio a Lambrate, che nell'estate del 1945 conta
ormai quasi cinquanta iscritti.”
Il volto ufficiale della
Volante è quello della celebrazione della Resistenza, ivi inclusa la
commemorazione delle gesta partigiane e delle vittime del
nazifascismo. La volante di Lambrate, con sede nella Casa del Popolo
in via Conte Rosso, sarà organizzata su più livelli, rispondenti
all'esigenza, in primo luogo di mantenere attiva la battaglia contro
il fascismo e, in secondo luogo, di presentare la stessa Volante
Rossa nella sua veste legalitaria, organizzando escursioni, gite,
balli, presenziando a manifestazioni e in cortei con la totalità
degli aderenti; questo è il terzo gruppo. Il secondo gruppo,
intermedio, composto di una ventina di aderenti viene utilizzato nel
corso di operazioni che richiedono meno segretezza come scontri in
piazza, devastazioni di sedi fasciste e occupazioni.
Il nucleo ristretto,
infine, è quello segreto, vi appartengono un pugno di fedelissimi
agli ordini di Paggio, in questo gruppo vengono prese le decisioni e
si organizza l'aspetto di illegalità della formazione, dai sequestri
agli assassini di fascisti implicati nelle stragi condotte all'epoca
del ventennio o ai danni di gerarchi repubblichini.
In un vero e proprio
clima che precede lo stato d'animo della Guerra Fredda, in Italia si
assiste ad uno stravolgimento delle parti in campo; per via
dell'applicazione di leggi precedenti alla liberazione molti ex
partigiani verranno arrestati mentre, invece, si vedranno graziati
gli stessi gerarchi fascisti per mano dei quali un ingente numero di
persone, tra civili o membri dei comitati di liberazione, perse la
vita.
In un clima di continua
sconfitta ed esclusione da una giustizia equa, la formazione di
Lambrate riuscirà a farsi strada nel cuore di una Milano e di una
Italia minacciata, nell'immediato dopoguerra dalla ricostituzione di
piccoli partiti neofascisti, di una destra radicali (fra cui l'Uomo
Qualunque) o monarchici anticomunisti, legati a un revanscismo
mussoliniano, poi coagulatisi nel Msi.
Nel 1945, dopo i primi
attentati di stampo neofascista, saranno i membri della Volante a
imbracciare nuovamente le armi portando avanti una giustizia
personale, di una vendetta partigiana, in risposta agli estremismi di
un fascismo mai sopito; una vendetta che verrà anche
strumentalizzata da alcune frange di partiti, fra cui proprio la
Democrazia Cristiana, per escludere il Partito Comunista,
addossandogli di voler perseguire una rivolta armata, in collegamento
all'acuirsi dello spettro comunista in Europa.
In una lucida analisi
storica, attingendo alla cronaca dell'epoca, alle testimonianze
storiche, alle interviste, e agli stessi militanti, Trento si muove
con maestria tra le 27 pagine di fonti storiche corredo dell'opera,
ponendo non solo analisi ma anche dubbi e interrogativi che ancora
oggi aleggiano attorno alla formazione milanese del “tenete
Alvaro”, ponendo in primo piano, grazie ad una narrazione filmica e
curata in ogni particolare, interrogandosi anche su un paradosso di
fondo che ha attraversato la giustizia italiana nell'immediato
dopoguerra.
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