Analisi e commento di Mattia Sangiuliano
Primavera del fresco
Primavera di Sandro Botticelli (1482)
sotto il verde lucernario del cielo.
Monta un color d’erba ovunque.
Hanno versato un succo di foglie nuove
entro la conca del mondo.
Tepidità che s’apre nelle cellule a gemma.
Si pensa con zampilli di sorgente.
La vita è tutta un’infanzia
e nelle vene c’è un senso di trifoglio
cuore verde a bocciolo
senza preoccupazione della rosa
che nascerà
con cinque sepali soli,
stellanti
intorno ad un fermento d’odore.
Abbeveratoi di musco;
capanne di fieno recente;
i miei pensieri
pendono in fila
come ciuffi di capelvenere;
per tutto è prateria.
I buoi sembrano cespugli mobili
Gli insetti piccole bacche volanti.
E questo lungo desiderio di godere
è una zattera di felci,
che mi trasporta, su liquidità verdi,
in un fresco pellegrinaggio
verso una città d’alberi.
Ciglia socchiuse.
Lampada verde del sole.
La mia casa sarà ora di giunchi
e gli uomini saranno forse
piccoli fili d’erba
con goccioline di rugiada.
(da Città Veloce; 1919)
“Luciano Folgore,
pseudonimo di Omero Vecchi, nacque a Roma nel 1888. Immediata, dopo
un inizio come poeta tradizionale, la sua adesione al futurismo, che
gli vale l'elogio marinettiano di «nuovo, grande e giovanissimo
poeta futurista»”.
Folgore si distingue sin
da subito per una sua peculiare ricerca poetica “è già assente in
Folgore, come notato da Ravegnani e Titta Rosa, ogni residuo di
morosità sentimentale di tipo crepuscolare. Come in altri futuristi,
la poetica del gruppo è qui occasione al disfrenamento di una
golosità indifferenziata per lo spettacolo del mondo, dinamizzato
attraverso le continue analogie che rappresentano, ora e inseguito,
il maggior contatto con i programmi tecnici marinettiani”.
La poesia “Mondo sotto lucernario verde” è una poesia della raccolta Città veloce, raccolta che nel titolo, riconducibile ad una importante tematica futuristica – quella del mito della velocità – è in realtà una sorta di commiato da quelle stesse tematiche. “Città veloce chiude la stagione futurista di Folgore […] la prosecuzione dell'impressionismo precedente piega a un senso di maggiore essenzialità e persino malinconia intimista”.
La poesia “Mondo sotto lucernario verde” è una poesia della raccolta Città veloce, raccolta che nel titolo, riconducibile ad una importante tematica futuristica – quella del mito della velocità – è in realtà una sorta di commiato da quelle stesse tematiche. “Città veloce chiude la stagione futurista di Folgore […] la prosecuzione dell'impressionismo precedente piega a un senso di maggiore essenzialità e persino malinconia intimista”.
Forte è la consonanza
con un'altra poesia della raccolta “Città veloce”, mi riferisco
alla poesia Porta verniciata di fresco,
per la tematica di fondo che è quella della rappresentazione
impressionistica della primavera. L'intero mondo è immerso in una
epifania di colori, il verde della rinascenza primaverile domina la
descrizione sovrastando ogni altra cosa (“monta un color d'erba
ovunque”); il cielo stesso è un “lucernario” che riverbera e
amplifica la percezione del colore verde. É come se, in accordo con
questa nuova infiorescenza fosse stata sparsa sul mondo una nuova
vita rappresentata dalle “foglie” simboleggianti questa
rinascita. Scorre una nuova linfa nelle gemme che porteranno
all'infiorescenza floreale del mondo nella nuova, tiepida, stagione.
Avviene una sorta di regressione dell'uomo allo stato naturale, uomo
e natura vengono fatti coincidere in questa estasi quasi panica,
“nelle vene c'è un senso di trifoglio” oppure “Cuore verde a
bocciolo”; inizia in questa parte del componimento una sequenza
accostabile agli stilemi tipici del futurismo, la cui forza
dell'azione della resurrezione viene concentrata nel verbo “nascerà”
(v.12). L'intero componimento a dire il vero è attraversato dalla
volontà di esternare ed esaltare delle sensazioni forti, dirette;
domina la natura, elemento centrale che sembra far assurgere il
componimento a inno alla primavera, viene privilegiata una sintassi
nominale, domina l'aggettivazione, in controtendenza con il dettame
futurista, peraltro maggiormente rintracciabile in sequenze proprie
del componimento Porta verniciata di fresco,
mentre le pennellate di questo componimento intitolato “Mondo”
sono più statiche, immobili; connotate dall'assenza totale di rima,
di cantabilità del verso franto, spezzato, costruito sulla sola
descrizione che domina la poesia. Forte la tendenza allo scarto della
similitudine in luogo della metafora, che permette di accostare due
realtà senza l'appesantimento del “come”, processo questo anche
applicabile a due campi semantici, quasi sinestetici, distanti fra
loro; molto forte la naturalizzazione di ogni cosa, non trasfigurata
in chiave meccanica, ma in una controparte naturale “buoi sembrano
cespugli mobili,/ gli insetti piccole bacche volanti” e, nello
stesso senso, “questo lungo desiderio di godere/ è una zattera di
felci”.
La
tematica giocosa e provocatoria lascia il posto alla contemplazione,
alla descrizione che permea la poetica folgoriana. In componimenti
come Moka, una poesia
della raccolta “Ponti sull'oceano”, emerge significativamente la
tematica futurista, già dal significativo sottotitolo “Sensazione
fisica”, per l'ampio uso di verbi che scandiscono l'azione, in
sintonia con i dettami della scuola futurista e un lessico semplice,
a tratti ripetitivo, giocoso nel suo ripetersi.
Nella
poesia Mondo sotto lucernario verde,
già nel titolo sintagmatico, denso, privo di qualsiasi articolo,
compare il colore verde; il titolo viene poi ripetuto nel secondo
verso del componimento specificando che il lucernario è il “cielo”
e che il verde deve essere spiegato alla luce della “Primavera del
fresco” che apre il componimento.
La
poesia procede con l'alternarsi di un lessico interamente volto
all'evocazione di particolari sensazioni, in primo luogo visive,
dalla descrizione di scene, ambienti, in cui domina la connotazione
cromatica e, in secondo luogo ma in maniera nettamente minore,
elementi ascrivibili alla sensazione tattile; l'udito viene
completamente escluso dalla descrizione e identificazione in un
paesaggio vagamente bucolico, negando, conseguentemente la carica che
la parola – il più delle volte onomatopeica – viene affidata al
verso di stampo futurista, che deve evocare, con la sua forza
espressiva movimento e dinamicità. Stessa esclusione per sensi quali
gusto e olfatto. Salvo poche eccezioni l'ambiente è completamente
immobile, immerso in un mondo verde, continuamente ripetuto dal
titolo, si vedano i versi 2, 10, 26 e 30 in cui fa la sua comparsa in
maniera pura e, in maniera evocativa con vari elementi che rimandano
ad un contesto naturale come “erba” (vv.3 e 32), “foglie”
(v.4), il “trifoglio” (v.9), il “bocciolo” (v.10), il
“capelvenere” (v.20) o in altre parole che rimandano ad uno stato
naturale anche più intricato, lontano dai luoghi umani, selvaggio,
ancora in opposizione con la tematica del futurismo, ne sono un
esempio “cespugli mobili” (v.22), “felci” (v.25), “giunchi”
(v.31).
Riveste
un ruolo importante la citazione del “capelvenere” al verso 20°,
una specie di felce che, per la sua morfologia ricorda la chioma
della dea della bellezza Venere. La pianta però è consacrata a
Plutone, poiché, per la sua delicatezza predilige luoghi poco
luminosi e umidi, si lega così, sempre nell'ambito mitologico alle
ninfe che popolano i luoghi acquatici.
Parimenti,
oltre al verde, viene evocata non l'acqua ma uno sgorgare stesso
della primavere e della natura verde, spesso accostata alla
freschezza primaverile; già dal primo verso compare la parola
“fresco”, poi “succo” (v.4), “zampilli di sorgente”
(v.7), “su liquidità verdi” (v.26); l'acqua comparirà solo al
verso 34, in chiusa della poesia con “goccioline di rugiada”.
Lo
stesso io lirico sembra alieno alla situazione descritta, solo al
verso 18 compare “miei pensieri” e al verso 26 compare “mi
trasporta”, introducendo una soggettività in un mondo sino ad
allora contemplato e privato da ogni connotato che potesse ricondurre
non solo alla soggettività del poeta bensì, addirittura, alla
presenza umana.
Di
tendenza simile il già citato componimento Porta
verniciata di fresco per certi
versi anticipatore di Mondo sotto lucernario verde,
in quanto, già dal titolo e dal primo verso, è possibile leggere un
addensamento di elementi che poi verranno estremizzati nel secondo
componimento; compaiono da subito la “freschezza” e il colore
“verde”. Al verso 4 compare inoltre la coordinata temporale che
specifica la “primavera” ripetuta al verso 38. In questo
compimento fanno la comparsa alcuni elementi diversi, è maggiormente
percepita una presenza umana, dalla “porta verniciata” che
compare nel titolo, sino a un “muro di cinta” (v.16); mentre al
verso 6 “paese di pini” evoca inevitabilmente la poesia “Mondo”
e il suo verso 28 con “città d'alberi”.
Altri
elementi che avvicinano le due poesie sono, nella terza strofa della
poesia “Porta” i
versi 25-27 con “Soltanto un poco di senso d'infanzia/ per cinque
dita di bimbo/ impresse nel fresco della vernice”; elemento
ripetuto nella poesia “Mondo”
con “Cuore verde a bocciolo/ senza preoccupazione della rosa/ che
nascerà/ con cinque sepali soli,/ stellanti” in cui l'elemento
numerale riveste un ruolo molto importante, tra le dita della mano
del bambino aperta a stella e dell'”infanzia” ripetuta in “Mondo”
al verso 8, in un continuo rimando stilistico e tematico, che nella
poesia Mondo sotto lucernario verde
completa una sorta di climax ideale che allontana, progressivamente
il poeta dall'orizzonte della poesia futurista.
Bibliografia:
- “Poeti italiani del novecento”; a cura di Pier Vincenzo Mengaldo, Oscar Mondadori, 2011
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