giovedì 7 marzo 2013

Tirando le somme. Una nuova sfida per la Democrazia.

di Mattia S.

Gli italiani volevano una rivoluzione. L'Italia chiedeva una rivoluzione. Gli elettori hanno votato confidando in questa possibilità di rivoluzionare lo stato attuale (e pietoso) in cui versava il paese.
Il 25,5% degli elettori italiani ha scelto Grillo, confidando nella carica dirompente ed eversiva del "suo" pensiero.
Anche se, in realtà, più che il suo pensiero, l'unica cosa eversiva sono state le modalità con cui tali idee sono state propagandate e veicolate.

Sono un convinto assertore che non esistono idee brutte e sbagliate, contro altre belle e giuste. Esistono idee e basta. L'unico metro di giudizio, al massimo, può essere quello della propria cultura personale (etica, morale, storica...). Quando andiamo a votare, dobbiamo attenerci sovente ai programmi e ai progetti dei politici cui vogliamo affidare le sorti del nostro paese e del nostro "bene comune"(cit.). Esistono progetti (idee), soprattutto in politica, che vogliono (il più delle volte) cercare di sistemare le cose. Un esempio può essere quello del populismo.


Il populismo è un orientamento politico di stampo "demagogico" che è stato spalmato in tutte le salse in queste ultime elezioni politiche. Molte persone, durante i comizi-spettacolo di Grillo, brandivano striscioni che inneggiavano al populismo, altri, dai forum televisivi, biasimavano la "condotta populista di Grillo" .
Attenzione: questo termine può essere letto in due maniere.

  1. Per populismo si intende un orientamento politico e culturale che si fonda su una visione idealizzata e indifferenziata del popolo, visto in opposizione  all'aristocrazia e ai ceti privilegiati, come depositario di valori autentici (a differenza del marxismo che non vede il popolo come un tutt'uno ma lo suddivide in classi in base al loro ruolo nel processo produttivo).
  2. In epoche recenti il termine populismo è stato usato in riferimento a ideologie e movimenti di stampo nazionalista e autoritario (es. populismo fascista e populismo nazista). Sono definiti populisti quei movimenti e quei regimi sviluppatisi in America Latina a partire degli anni '30 che hanno cercato di combinare nazionalismo e riformismo sociale, lotta contro aristocrazie terriere impiegando strette più o meno autoritarie, e che hanno trovato la loro principale base di sostegno nel proletariato.
(tratto da "Il mondo contemporaneo Dal 1848 a oggi" di G. Sabbatucci e V. Vidotto)

Se il punto 1. risulta essere un elemento positivo, addirittura in grado di superare le tanto annose divisioni che investono la società moderna, il punto 2. suscita qualche perplessità e riporta l'ago della bilancia a un dignitoso equilibrio.
Infatti la programmaticità del punto 1. si è storicamente tradotta in regimi autoritari che miravano a disgregare ogni forma di dissenso e/o di opposizione, privilegiano la forma del partito unico e il culto del capo.

Non a caso ho voluto citare le due caratteristiche fondanti dei regimi dittatoriali: partito unico e culto del capo. Per quanto riguarda il culto del capo, l'innegabile forza carismatica di Grillo parla da sé e può essere tradotta numericamente solo nello "Tsunami" di persone che hanno preso parte ai suoi spettacoli-comizi. Nonostante egli stesso abbia detto di non essere un capo, ma un punto di riferimento del  movimento (di cui però detiene diritti dei simboli e quant'altro), molti punti interrogativi rimangono aperti. Ad esempio: un "non-capo" può avere il "diritto di vita e di morte" sui membri del movimento? Oppure: l'ultima parola in merito ad ogni decisione, da lui dettata, può venire subito tradotta in legge, senza (o quasi senza), possibilità di appello? Non credo sia poi così non-capo.
Tutti questi elementi, confermati e osteggiati dagli stessi membri del partito, concorrono a sottolineare la forma scarsamente democratizzata del movimento che, paradossalmente, vuole portare la Democrazia nel paese.
La fiera del paradosso è molto lunga se parliamo del caso Grillo: dalla forma del partito-non-partito a quella fantomatica burocrazia-non-burocrazia che ne è alla base.
Se non è proprio una dittatura politica è una dittatura ideologica, sotto gli auspici del guru Casaleggio.
Con il Grillo "urlante" non si scherza.
Tirando le somme bisogna sottolineare l'originalità del M5S: una miscellanea delle migliori idee, di fine secolo scorso. Il partito dei Verdi, a suo tempo, aveva predisposto un grande dimezzamento degli stipendi dei deputati, in aggiunta alla drastica riduzione della durata della carica stessa a mezzo mandato (Grillo l'ha ridotta a 2 mandati - 2,5 anni contro 10).
Non si salva l'uso del web come punto di incontro per scambio di idee già utilizzato dalla sinistra (vedi "La fabbrica di Nichi").
Punto forte del movimento è la sua concezione (programmatica) di democrazia, che vuole superare il parlamentarismo, inteso in senso generico come mera delega di responsabilità ad un "soggetto politico" mentre il cittadino se ne lava le mani. Ogni cittadino deve entrare in politica. Questa idea era stata teorizzata già intorno alla seconda metà dell'800 dal filosofo Mill, che aveva postulato il superamento della rappresentatività democratica in luogo di "un governo per mezzo del dibattito". Anche per il M5S, questo si è riflesso nella concentrazione decisionale nelle mani delle alte sfere: "voi bambini giocate mentre noi grandi parliamo".

Anche il primo fascismo, il primo nazismo, il primo stalinismo, il primo peronismo e il primo getulismo potevano contare su una forte carica eversiva, di stampo anarcoide, che voleva il bene del popolo.

Nonostante il grande numero di somiglianze (fisiche e di atteggiamenti) non mi vedo un Grillo in divisa (fascista o getulista che sia). Irsuto comico contro pelato duce. Eppure le somiglianze ci sono e non per merito di un qualche Vauro o Giannelli caricaturista.
Si è preferito attaccare il palazzo del potere, passando per le piazze, senza fare della vera pedagogia, senza formare il popolo degli elettori.
Nonostante tutto il più grande scacco alla democrazia lo stiamo vivendo proprio in questi giorni. È sulla bocca di tutti, sulle pagine di tutti i giornali e sui post di tutta la rete. Il rifiuto della collaborazione con il centrosinistra è uno dei tanti pretesti per dare battaglia ad un sistema corrotto da condannare in toto. Grillo non vuole scendere a patti, non vuole poltrone e non vuole adeguarsi al sistema; con il suo 25,5% (primo partito, non prima forza parlamentare) vuole mandare tutti a casa. Con il suo risultato vuole decidere per tutta l'Italia, e sta gettando le basi per poterlo fare. Nonostante abbia molti punti in comune con il programma sinistrorso, non ci sta. Vuole tutto. E ha i numeri per opporsi.  Quel 25% di elettori non vuole scendere a patti con il resto d'Italia. Grillo dice che non vuole poltrone; forse è vero. Fa tutto questo per un forte senso etico e di giustizia? E quando se ne andrà, ci sarà una tregua? O sarà come il fallimento di Cesare, che non riuscì ad eliminare il suo stesso esempio?

Gli italiani volevano una rivoluzione. Ogni ritardo di riforme e provvedimenti è un ritardo per TUTTO il paese. C'è bisogno di collaborazione, per l'Italia, non ostruzionismo parlamentare contro un Pelloux inesistente.
Ogni battaglia personale è uno scacco per l'Italia. 

Tempo fa, un nostro collega di redazione [Claude], aveva parlato QUI di un grande quanto disastroso incendio, alludendo, in maniera magistrale, a quello del nostro Parlamento.
A quanto pare aveva visto lungo. Il vento che spira non promette la quiete.

Facciamo che la politica si per il popolo. E non mero pretesto di battaglie.

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